mercoledì 30 novembre 2011

Giovani e alcol si trasferisce!

Per motivi tecnici stiamo cambiando piattaforma, potete trovarci su Tiscali all'indirizzo:


vi aspettiamo!

Maria Grazia e Daniela



martedì 29 novembre 2011

Drunkorexia: a metà strada tra sballo alcolico e anoressia



È già stata definita l’ultima frontiera dei disordini alimentari. Nasce da un poco idilliaco connubio tra anoressia e abuso di alcol e pare che la sua diffusione sia in aumento soprattutto tra adolescenti e studenti universitari.
Attratti dall’idea di dimagrire i ragazzi iniziano a ridurre la quantità di cibo ingerita sostituendola con smodate quantità di alcolici. I giovani drunkoressici non mangiano ma bevono, convinti di compensare con il bere le calorie che non vengono ingerite con il cibo: è quanto emerge da una ricerca condotta dai ricercatori dell’Università del Missouri. La “moda” dilaga e va diffondendosi in modo interculturale, tanto che pare che in Gran Bretagna siano più di un milione i giovani colpiti da drunkorexia nella fascia d’età tra i 14 e i 25 anni. Non ne è esente neppure l’Italia, anche se ancora non ci sono dati precisi di riferimento. Circa il 16% dei ragazzi ha affermato di mangiare meno per poter introdurre le calorie provenienti dalle sostanze alcoliche senza ingrassare. A volte bevono prima dei pasti in modo da aumentare il senso di sazietà e mangiare meno. Si arriva addirittura ad investire in alcolici i soldi risparmiati con il cibo.


Questa modalità è tre volte più frequente nelle donne, le quali trovano più facilmente degli uomini modelli famosi ai quali ispirarsi. Quante volte abbiamo visto Britney Spears, Paris Hiton, Amy Winehouse o LIndasy Lohan ritratte ubriache dai tabloid? Bere è un modo per emulare qualcuno ma anche per sentirsi accettati dal gruppo e rispondere in modo adeguato all’imperativo culturale: “bevi ma rimani magra” che, secondo Douglas Bennel del Centro Renfrew per i Disordini Alimentari, ormai non è più solo americano, ma si sta diffondendo a macchia d’olio anche al di là dell’Atlantico.


Tali condotte non sono esenti da effetti collaterali: è soprattutto il fegato l’organo messo a dura prova dall’abuso di sostanze alcoliche, anche se tutto l’organismo alla lunga ne subisce le conseguenze: si riduce la capacità dei polmoni di filtrare le sostanze estranee inalate, si alterano le pulsazioni cardiache e il funzionamento della circolazione. L’alcol non contiene sostanze nutritive e a stomaco vuoto non può che ledere l’organismo. Inoltre bere alcolici per dimagrire non sortisce nemmeno l’effetto voluto, infatti gli effetti sono addirittura peggiori delle condotte anoressiche e bulimiche. Il dimagrimento in questo caso è fittizio: il fisico viene massacrato visto che si introducono le calorie dell’alcol, ma non le sostanze importanti come le proteine e i grassi.
Non possiamo certo trascurare gli aspetti psicologici legati a questa forma di abuso che crea rapidamente dipendenza e che evidentemente va ad inserirsi in un contesto di disagio personale/sociale molto vasto. Dal punto di vista psicologico si crea un circolo vizioso di frustrazioni perché il “sacrificio” non porta ai risultati sperati: il fisico diventa presto molle come un budino. Non si dimagrisce come sperato e si beve di più e si mangia di meno per placare la frustrazione in aumento.
I promotori della ricerca sottolineano il ruolo fondamentale dell’informazione e della prevenzione, soprattutto in considerazione della giovane età dei protagonisti. Il ruolo dell’informazione in questa età è importante, ma non è il fattore prioritario: i ragazzi sanno che gli alcolici sono sostanze nocive, il problema è che sono anche sostanze in grado di produrre una sensazione di benessere e funzionano da ansiolitici e da aggregatori sociali. Il lavoro di prevenzione e di supporto può essere fatto da un lato aiutando i ragazzi a “punteggiare” anche sugli aspetti di rischio, oltre che quelli di piacere. Un piacere che è fugace, che dura il tempo di far “evaporare” le sostanze alcoliche, mentre le conseguenze restano.
Ancora più importanti nell’età delicata dell’adolescenza (che ormai si protrae fino ai 25 anni) è la valorizzazione dei fattori protettivi: le relazioni positive in famiglia, con gli amici, a scuola. Gli adulti di riferimento, ad esempio dovrebbero essere capaci di portare avanti un’attività di monitoraggio costante e non invasiva per cogliere in tempo eventuali segni di disagio, sia a scuola sia a casa. Sono importanti gli interessi che i ragazzi hanno modo di sviluppare negli anni: l’attività sportiva è ad esempio un ottimo fattore protettivo rispetto alla messa in atto di condotte a rischio.
È vero che questa modalità di “trasgressione” chiama in causa differenti aspetti di sofferenza e diverse forme di manifestazioni di disagio, ma lo sguardo attento e la capacità di ascolto di chi sta attorno ai giovani possono essere un supporto adeguato, sia nella prevenzione, sia nel sostegno quanto più possibile precoce nel momento di manifestazione effettiva del disagio.

lunedì 28 novembre 2011

Il quaderno di Maya: il nuovo libro di Isabel Allende

Il quaderno di Maya è il nuovo libro di Isabel Allende, in uscita in libreria il 30 novembre.

Prossimamente: Il Quaderno di Maya

Maya è la giovane protagonista che vive la sua vita tra l'amore, l'alcol, la droga e l'amicizia. Dopo essere caduta nel circuito dell'alcol e della droga, riuscirà a riemergere dai bassifondi di Las Vegas nei quali vive, per trovare una nuova vita nell'arcipelago di Chilo, nel sud del Cile.
"Amori difficili, frammenti di storia cilena ancora carichi di sofferenza, famiglie disgregate, disagio giovanile, marginalità e degrado trovano come contraltare il valore delle tradizioni locali, il rispetto per l'ambiente e un modello di vita comunitaria nell'affermazione del valore della diversità e del rispetto reciproco. Isabel Allende torna a raccontare la vita di una grande donna, la storia di Maya, in un romanzo che affronta con grande delicatezza le relazioni umane: le amicizie incondizionate, le storie d'amore palpabili come quelle più invisibili, gli amori adolescenziali e quelli lunghi una vita."

sabato 12 novembre 2011

I risultati della gara "Crea il tuo spot"

Abbiamo il piacere di comunicarvi che, tra gli i spot prodotti dai ragazzi, i più votati sono:

1. Lo spot dei ragazzi della IV H del Liceo classico Siotto Pintor, a.s. 2010-2011
                                               "Gli amici come risorsa"



2. Lo spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa (5), a.s. 2010-2011 -
                                                             "Redemption song"






3. Lo spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa (1), a.s. 2010-2011
                                                 "Non affogare nell'alcol"


Come da regolamento provvederemo a contattare i docenti referenti del progetto per l'attribuzione delle targhe di riconoscimento.

Ci teniamo a ringraziare ancora i ragazzi e i loro insegnanti per l'impegno profuso e la proficua collaborazione.

Maria Grazia Rubanu e Daniela Putzu





lunedì 7 novembre 2011

L'Osservatorio Permanente Giovani e Alcol compie 20 anni



L’osservatorio permanente giovani e alcol compie 20 anni: è stato fondato nel 1991  con l’idea di far nascere un centro di elaborazione culturale sui fenomeni alcol correlati, nel quale fosse possibile integrare la dimensione sociologica del consumo di bevande alcoliche con quella psicobiologia ed economico-epidemiologica.
Lo studio mette in evidenza i cambiamenti avvenuti in questi 20 anni rispetto alla società italiana ed europea: gli stili di vita dei giovani sono molto cambiati soprattutto in seguito alla progressiva globalizzazione dei modelli culturali, legata ad internet e ai mass media.
Anche le modalità di consumo delle bevande alcoliche sono state influenzate da questi cambiamenti. In questi 20 anni l’osservatorio ha monitorato i cambiamenti e ha cercato di dargli un senso, in modo da poter evidenziare elementi utili alla prevenzione delle condotte a rischio.
Negli anni 90 l’attenzione si è incentrata soprattutto sulla conoscenza quantitativa del fenomeno. L’evoluzione del mondo giovanile e la comparsa di fenomeni come il “binge drinking” ha imposto l’utilizzo di metodologie di natura maggiormente qualitativa, che permettono di comprendere meglio i comportamenti a rischio dei giovani.

Le iniziative proposte dall’Osservatorio sono diverse:
-          la pubblicazione del numero monografico “I giovani e l’alcool: consumi, abusi, politiche. Una rassegna critica multidisciplinare” della rivista Salute e Società;
-          la pubblicazione, che avverrà a breve, di un glossario che contenga i termini utilizzati nella ricerca,  nella clinica e nella comunicazione in tema di alcol;
-          l’uscita di un package contenente un modello di alcolometro con un testo informativo sui rischi del rapporto alcol e guida, che sarà distribuito nelle farmacie italiane;
-          un convengo di studio, tenutosi in data 28 ottobre, alla presenza dei parlamentari europei, dei Ministeri responsabili, del mondo della produzione, per parlare delle prospettive della politica comunitaria in tema di alcol.

http://www.alcol.net/ 

martedì 1 novembre 2011

Un seminario dell'Osservatorio permanente sull'alcol




Il 4 novembre a Perugia si terrà il seminario:

I giovani e l’alcool: consumi, abusi, politiche. Una rassegna critica multidisciplinare.

Durante il seminario verrà presentato il volume n.3/2010 di Salute & Società dell’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcol.

Il programma del seminario prevede diversi interventi:

- Presidenza: M. ANTONIA MODOLO, , Centro Sperimentale per l’Educazione Sanitaria
dell’Università degli Studi di Perugia
- M. GRAZIA LUNGAROTTI, Fondazione Lungarotti
- Presentazione: ENRICO TEMPESTA, Presidente del Laboratorio scientifico dell’Osservatorio
permanente sui giovani e l’alcool
- Relazione: FRANCA BECCARIA, Università di Torino, Membro del Laboratorio Scientifico
dell’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcool

SEGUIRANNO INTERVENTI DI ESPERTI SUL TEMA

Conclusioni: EMILIO DUCA Direttore Generale Agenzia Umbria Sanità, Regione Umbria
PARTECIPAZIONE GRATUITA


OSSERVATORIO PERMANENTE SUI GIOVANI E L’ALCOOL
Perugia, Sala dei Notari
4 novembre 2011, ore 9,30

domenica 9 ottobre 2011

Sobrio, alticcio o ubriaco? Te lo dice Facebook!




I ricercatori dell’Università del Winsconsin e dell’Università di Washington hanno creato uno speciale algoritmo che, attraverso l’analisi dei profili pubblicati su FB da 300 studenti, permette di ottenere e analizzare riferimenti all’uso di bevande alcoliche.

Gli studenti, tutti volontari (pena la violazione della privacy) hanno un ‘età compresa tra i 18 e i 21 anni e i ricercatori hanno analizzato il loro status sul noto social network.

Gli aggiornamenti sono stati suddivisi in tre categorie:
1.      updates che non fanno riferimento all’alcol
2. updates che contengono un riferimento all’alcol, ma non allo stato di ubriachezza
3.   updates che contengono parole come “ubriacarsi”, “sbronzarzi”, “sfasciarsi”, etc…

In seguito i volontari hanno compilato un questionario (AUDIT), volto a comprendere se i ragazzi avessero problemi con l’alcol.
Dall’analisi dei dati emerge che nessuno dei ragazzi che aveva uno status “sobrio” è stato identificato come una persona che fa abuso di alcol, mentre quelli che avevano di frequente status “da sballo” tendevano a superare la soglia d’allarme.
Sembra dunque che FB possa davvero essere un sistema che permette un monitoraggio attendibile della situazione dei giovani.

…mi sorge un dubbio, se i ricercatori dovessero costruire algoritmi per monitorare anche altri aspetti della nostra vita lo troverei inquietante. Pare infatti che già il mezzo sia utilizzato da malviventi per capire quando le persone sono in casa o quando l’accesso è libero…

Come sempre appare difficile capire qual è il confine che separa l’utilità e la funzionalità dell’uso di un mezzo (in questo caso FB) e la sua pericolosità, perché fornisce informazioni sulla nostra vita quotidiana a tanti amici e non.


giovedì 29 settembre 2011

In guardia dagli amici del partner?




Da una ricerca condotta dal National Study of Adolescent Health emerge un dato interessante: gli amici del partner avrebbero un'influenza molto forte sulla messa in atto di condotte a rischio in adolescenza.
Si tratta di un lavoro condotto da scienziati della Pennsylvania State University, pubblicato su American Sociological Review. Secondo Derek Kreager, uno degli autori dello studio, se un dolescente frequenta gli amici del proprio partner che sono grandi bevitori avrà una probabilità elevata di sviluppare un rapporto sbagliato col bere.
La probabilità che un ragazzo ecceda nel bere è doppia se a bere in modo smodato sono gli amici del partner piuttosto che i propri. Dana A. Hanynie motiva così questo risultato: i ragazzi sarebbero più motivati a somigliare agli amici del proprio partner per rafforzare il rapporto con lui.
Lo studio è stato condotto su 449 coppie di adolescenti, seguiti dal 1994 al 1996.
Ci fa riflettere il dato relativo alle differenze di genere: di questa influenza le maggiori vittime sarebbero i ragazzi, mentre le ragazze hanno una probabilità significativamente inferiore di farsi condizionare nella messa in atto di condotte alcoliche a rischio.



sabato 24 settembre 2011

"Drink no al-cool". Prevenzione e divertimento analcolico

Venerdì 23 settembre a Valenza si è tenuta un'iniziativa di prevenzione molto vicina ai giovani: ai ragazzi è stato fornito un drink pass con il quale hanno potuto usufruire in modo gratuito di una bevanda analcolica nei locali che hanno aderito all'iniziativa.
Nei locali e nei bar, inoltre, i ragazzi hanno trovato i depliant illustranti le norme del nuovo codice della strada.
Il progetto DRINK NO AL-COOL si propone di promuover il benessere dei ragazzi attraverso attività di socializzazione che mettono al centro i luoghi nei quali i ragazzi stessi si incontrano, anzichè demonizzarli. I giovani e i bar diventano così anche testimonial veri e propri di un messaggio differente di moderazione e responsabilità.
Obiettivi perseguiti sono:
• la possibilità di mettere in discussione il binomio “divertimento/alcol”;
• il rendere più visibile e socialmente accettabile un comportamento analcolico, spesso visto e gudicato in modo "pregiudizievole";
• l'aumento delle informazioni sui rischi connessi all’abuso di alcol e sui segnali di rischio (tramite materiale illustrativo);
ultimo ma non certo meno importante:
• sviluppare contatti con realtà giovanili esposte a nuove modalità di consumo.


Nel link le informazioni più complete:

DRINK NO AL-COOL



mercoledì 21 settembre 2011

Unplugged. Un programma di prevenzione

L'osservatorio epidemiologico delle dipendenze dell'ASL To3 della Regione Piemonte sta portando avanti un interessante progetto di prevenzione dell'uso di tabacco, alcol e droghe. La caratteristica principale del progetto è quella di basarsi sul modello dell'influenza sociale. Si tratta di un programma che coinvolge i ragazzi del secondo e terzo anno della scuole secondarie di primo grado e quelli del primo e secondo anno delle scuole secondarie di secondo grado. Non è previsto l'intervento di esperti esterni alla scuola, ma la conduzione è portata avanti dagli stessi insegnanti dei ragazzi.
Nel link l'opuscolo informativo con i dettagli del progetto:
Unplugged depliant

mercoledì 7 settembre 2011

Alcol e internet

Secondo uno studio condotto dal Weill Cornell Medical College (New York) il consumo di alcol negli adolescenti è direttamente correlato al tempo passato in internet. A darne notizia è la rivista Addictive Behaviors, che ha riportato i risultati di un sondaggio anonimo che ha coinvolto 264 giovani residenti negli Stati Uniti di età compresa tra i 13 e i 17 anni. Nel link l'articolo completo: Cesda (Centro Studi e Ricerche su Dipendenze e AIDS)

martedì 6 settembre 2011

Giornata internazionale di sensibilizzazione alla Sindrome Alcol Fetale

Il 7 settembre il Parlamento Europeo ricorda la “Giornata Internazionale di sensibilizzazione alla sindrome alcol fetale e i disturbi alcol correlati”. L’iniziativa è patrocinata da Eurocare (European Alcohol Policy Alliance), che da anni porta avanti iniziative di sensibilizzazione per la riduzione dei problemi alcol correlati. Quest’anno la riflessione si concentra sul tema dell’uso di bevande alcoliche in gravidanza, in considerazione degli elevati danni causati al feto, anche da un consumo moderato di alcolici. Gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità affermano che non esiste una quantità minima di alcol che possa essere ritenuta priva di rischi per la salute del nascituro, pertanto è raccomandata la totale astensione. La FAS (Fetal Alcohol Syndrome) rappresenta la terza causa di ritardo mentale nei bambini, con un aumento, nell’ultimo decennio dal 10% al 30% nei paesi occidentali. Fonte: Larepubblicanews.it

martedì 30 agosto 2011

Quei giovani fuori dal bar

Il link rimanda ad un interessante post sui giovani e il bar.
Si tratta della riflessione di un genitore e insegnante che cerca di capire il cambiamento del comportamento dei giovani in relazione ad un luogo sempre molto frequentato: il bar.
Dal bar Mario della canzone di Ligabue, luogo di socializzazione di contatto ad un passaggio pedonale, quasi una vetrina, indice del movimento, o forse della ricerca di movimento dei ragazzi...

Quei giovani fuori dal bar, di Ilvo Diamanti

giovedì 25 agosto 2011

Operazione Naso Rosso

Operazione Naso Rosso è il nome di un'interessante iniziativa promossa dal Ministro della Gioventù e dall'Istituto Superiore di Sanità, realizzata da CSL e Modavi Onlus.
Si tratta di un’iniziativa aperta a tutti i giovani che frequentano locali notturni in modo da prevenire condotte pericolose alla guida.
L’obiettivo principale è quello di sensibilizzare i ragazzi all’assunzione di un comportamento responsabile ala guida e all’acquisizione di una maggiore consapevolezza dei danni legati all’uso/abuso di sostanze stupefacenti e bevande alcoliche.
Il progetto punta soprattutto sull’importanza del dialogo, attraverso la metodologia del counselling.
La particolarità di Naso Rosso è che i suoi operatori si muovono direttamente all’interno dei locali notturni, che collaborano con l’iniziativa.
Per ora sono 11 le province coinvolte, tra queste non ci sono ancora province sarde, ma ci auguriamo che questo possa avvenire presto.
Per maggiori informazioni visitate il sito di Operazione Naso Rosso:
http://www.operazionenasorosso.it/Home.aspx

martedì 16 agosto 2011

Alcol e pubblicità





I messaggi pubblicitari di bevande alcoliche molto spesso esaltano il bere come momento di gioia, festa, unione e divertimento anche per i più giovani.
È vero che alla fine viene inserito il messaggio “bevi responsabilmente”, ma passa in modo così veloce e fugace da non restare certo impresso nelle nostre menti.
In Italia c’è un regolamento specifico: la legge quadro n. 125 del 2001 all’art. 13 elenca disposizioni in materia di pubblicità di bevande alcoliche, prevedendo per le emittenti e le agenzie pubblicitarie un codice di autoregolamentazione delle modalità e dei contenuti dei messaggi. C’è il divieto di pubblicizzare alcolici nella fascia oraria tra le 16 e le 19 e, inoltre, l’assunzione non dovrebbe mai apparire connotata positivamente.
Ci si può chiedere come vivano questi messaggi i ragazzi: in genere danno giudizi estetici (sono colpiti dalla bellezza delle immagini e dalla colonna sonora). Sanno riconoscere gli spot rivolti alla loro fascia d’età da quelli rivolti ad adulti. Le pubblicità rivolte ai più giovani sono ambientate in fast food, discoteche e somigliano a video musicali, con i tempi accelerati e sovrapposizioni di immagini che danno idea di spensieratezza e allegria.
Molti giovani ritengono queste immagini dannose e sarebbero d’accordo a una regolamentazione. Se si prende in considerazione l’immagine degli adulti rappresentata negli spot il gioco è fatto: nel breve spazio di uno spot si descrive a un ragazzo che tipo di uomo potrebbe diventare: un uomo che ha successo nel lavoro e nelle relazioni, che vive in case accoglienti e frequenta locali alla moda...
È importante sottolineare che un messaggio pubblicitario è legato alla cultura di riferimento e che avrà tanta più risonanza quanto più è conforme al contesto culturale in cui si vuole inserire.
Nella vicina Francia esiste una legge relativa alla lotta contro il tabagismo e l'alcolismo (la «loi Evin») che vieta la pubblicità televisiva diretta o indiretta di bevande alcoliche. Una violazione di tali disposizioni costituisce reato punibile con un'ammenda di EUR 75 000 circa, che può essere aumentata fino al 50% della somma spesa per la pubblicità illegittima. Un codice di buona condotta, elaborato dal Conseil supérieur de l'audiovisuel, definisce le modalità di applicazione di tale legge.
Sarebbe interessante vedere applicata una legge come questa anche in Italia, intanto mi chiedo quali sarebbero le reazioni popolari e politiche ad una proposta simile…


martedì 9 agosto 2011

Alcol e livelli di soddisfazione

Gli adolescenti utilizzano dei criteri per differenziare le bevande alcoliche definendo il livello di soddisfazione legato al consumo.

- Il primo criterio che prendono in considerazione è la gradazione alcolica: viene fatta una distinzione tra bevande leggere e pesanti, rispetto alla gradazione delle stesse;

- Il secondo criterio è l’abitudine al consumo: si parla dunque di quotidianità e abitudine del bere . A questo proposito è importante ricordare i dati Istat che sottolineano che l’8% della popolazione sopra gli 11 anni ha avuto almeno un episodio di ubriacatura negli ultimi 12 mesi. L’11% della popolazione maschile e il 2.5% di quella femminile sopra gli 11 anni consuma alcolici fuori pasto almeno una volta alla settimana e il 19.9% dei ragazzi tra gli 11 1 i 15 anni consuma alcolici quotidianamente.
I ragazzi distinguono tra “bere quotidiano” e “bere saltuario”.

- Il terzo criterio riguarda le modalità del consumo: i ragazzi percepiscono una differenza tra consumo sociale gioviale, con gli amici e consumo di tipo familiare.

Nei discorsi dei ragazzi non emerge mai la consapevolezza che l’alcol debba essere considerato una droga vera e propria.

Valsecchi, 2010, Adolescenti in bottiglia



martedì 26 luglio 2011

Back to black

Il link rimanda ad un articolo molto interessante sulla vita/morte di Amy Winehouse

Lo psicologo virtuale

Adolescenza e rischio

L’adolescenza è una fase della vita in cui la relazione con i comportamenti a rischio è particolarmente intensa. Possiamo dire che il rischio, a quest’età è “funzionale” in una prospettiva evolutiva.
L’adolescente si ritrova a costruire la propria nuova identità e per farlo deve “rischiare” molto, per potersi rendere conto di quali sono i suoi punti di forza e di debolezza e per potersi mostrare con un’immagine nuova ai familiari e al sociale più allargato. “È come se la rinnovata situazione “organica” e “sociale” che l’adolescente vive lo dotasse di una vera e propria cassetta degli attrezzi contenente tutti gli strumenti necessari per diventare un professionista del rischio” (Pellai, Boncinelli, 2002, p. 22). È dovere dell’adolescente conquistarsi giorno dopo giorno questo ruolo da protagonista sia con il gruppo dei pari, sia negoziando la sua possibilità di rischiare con gli adulti di riferimento, che hanno il compito di porre limiti e sanzioni, che dovranno essere trasgredite, in una danza relazionale dal copione predefinito. “È in questo modo che la prima sigaretta, la prima sbornia, la prima canna, la prima volta divengono momenti memorabili che, seppur connotati da un più o meno rilevante margine di rischio, entrano nel mito e nell’epica della storia individuale e contribuiscono a scrivere quel libro il cui capitolo finale vedrà la definitiva realizzazione dell’uomo adulto, pronto ad amare e ad assumere un ruolo sociale e socialmente validato” (ibidem).
Le caratteristiche dell’assunzione del rischio variano con i cambiamenti che accompagnano le diverse età in adolescenza (Giori, 2002).
Ci sono rischi specifici per ogni fase dell’adolescenza. È proprio la prima adolescenza, quella che va dai 12 ai 14 anni, ad apparire la più difficoltosa per coloro che la vivono, proprio perché è la più ricca di cambiamenti. È il momento in cui ci si sente maggiormente fragili. A 15- 16 anni, invece, si attraversa un periodo più tranquillo dal punto di vista dei cambiamenti psicologici, ma ci sono spesso difficoltà legate alla scuola. Dai 17 ai 19 anni le difficoltà appaiono legate soprattutto all’inserimento nel contesto sociale più allargato, con reazioni da stress legate al passaggio all’età adulta (Giori, 2002).

Just do it! I comportamenti a rischio in adolescenza. Manuale di prevenzione per scuola e famiglia
Autori e curatori: Alberto Pellai , Stefania Boncinelli



Adolescenza e rischio. Il gruppo classe come risorsa per la prevenzione
Autori e curatori: Franco Giori

sabato 23 luglio 2011

I no che aiutano a crescere




“Un neonato strilla, un bambino vampirizza la madre, un adolescente sta fuori casa fino a notte fonda: le situazioni in cui noi, padri e madri, siamo più frastornati sono probabilmente quelle in cui sentiamo di dover dire di no e insieme temiamo di farlo, convinti che un diniego malposto possa avere conseguenze drammatiche sulla serenità dei nostri figli. Eppure le piccole frustrazioni motivate fanno parte della vita, aiutano a riconoscere i confini tra l'io e il mondo, permettono di imparare a controllare gli impulsi, a dominare l'ansia che nasce dall'attesa, a sopportare le avversità. Ciò che questo libro si propone è fornire le indicazioni utili a decifrare come, quando e perché è importante dire di no. Per ogni etá esistono infatti degli snodi particolarmente importanti, il cui superamento avvia un cambiamento positivo nello sviluppo della personalità, il cui mancato riconoscimento può al contrario innescare dinamiche onnipotenti e autocentrate. Un no detto al momento giusto può quindi essere il punto di partenza per una crescita equilibrata e felice. "... mi sembra davvero uno dei più bei libri che io abbia letto sull’argomento." Giovanni Bollea

La presentazione di Giovanni Bollea chiarisce molto bene gli obiettivi e i contenuti di questo libro che, è bene precisare, non è un libro di ricette su come fare per dire di no ai propri figli. Niente che abbia a che fare con la relazione genitori-figli può essere pianificato in modo così rigido... Il libro si propone di aiutare genitori in difficoltà a riflettere su se stessi e sulle relazioni familiari, offrendo strumenti che permettono di focalizzare meglio i problemi e poter costruire le proprie modalità di superamento.

martedì 19 luglio 2011

«Nessun adolescente è senza problemi, senza sofferenza; forse è il periodo più ricco di dolore della vita, ma anche quello delle gioie più intense. Il guaio è che si desidera fuggire tutto ciò che si presenta difficile. Fuggire fuori da sé gettandosi in avventure dubbie o pericolose, trascinati da persone che conoscono la fragilità degli adolescenti. Fuggire dentro di sé, chiudersi dentro un guscio fasullo. L’adolescenza è sempre difficile, ma se i genitori e i figli hanno fiducia nella vita, tutto va sempre a posto.» (Dolto, 2005, p. 4).

Sono davvero d'accordo con quanto dice Dolto, soprattutto sull'accento positivo posto nell'ultima parte. Aggiungerei soltanto che l'avere fiducia nella vita implica la fiducia in se stessi e nelle relazioni che man mano si costruiscono. Le relazioni con le persone che sono vicine ai ragazzi, che si tratti di familiari o coetanei, posso davvero rappresentare una risorsa in una fase della vita così delicata.

venerdì 24 giugno 2011

Gli spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa - 11

Spot n.11 -

Gli spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa - 10

Spot n.10 -

Gli spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa - 9

Spot n. 9 - L'alcol rende stupidi

Gli spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa - 8

Spot n. 8

Gli spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa - 7

Spot n. 7 -

Gli spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa - 6

Spot n. 6 - Gioca con la bottiglia ma non giocare con l'alcol

Gli spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa - 5

Spot n. 5 - Redemption song

Gli spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa - 4

Spot n. 4 - Sarà l'alcol a bere voi alla fine

Gli spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa - 3 -

Spot n. 3 - Non entrare nel tunnel dell'alcol

Gli spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa - 2 -

Spot n.2 Crea il tuo futuro senza l'alcol

Gli spot dei ragazzi della 3B dell'Istituto Comprensivo di Gonnesa - 1 -

Spot n.1 Non affogare nell'alcol

martedì 21 giugno 2011

Lo spot dei ragazzi della IV H del Liceo Classico Siotto Pintor di Cagliari


Scheda di presentazione dell'attività svolta nei suoi vari momenti

1. La fase di progettazione e creazione dello spot

Ci siamo preliminarmente confrontati come gruppo classe su alcune domande: perchè un adolescente abusa dell'alcol? Che cosa ricerca veramente? In quali situazioni o ambienti è più facile cadere nell'alcolismo? Cosa o chi può aiutare veramente il giovane a non "farsi fregare"? In base alle risposte messe tra noi in circolo abbiamo pensato a uno spot che concretizzasse queste nostre riflessioni e fosse in modo efficace dissuadente nei confronti di chi è tentato dall'abuso dell'alcol. Abbiamo trovato in un angolo della scuola e tra i nostri stessi compagni il luogo e gli attori giusti per la realizzazione dello spot.

2. I contenuti

Sappiamo che l'adolescenza è un periodo della vita in cui la persona è particolarmente esposta a scelte comportamentali sbagliate a causa di una fragilità psicologica propria di questa età. Attraverso lo spot vogliamo dire che la solitudine, la noia, la tristezza, le difficoltà del quotidiano sono problemi che colpiscono l'adolescente come tutti. Ma a differenza di chi, magari anche amici ed amiche, cerca di risolverli fuggendoli o annegandoli nell'alcol, bisogna avere la forza di fermarsi un attimo a riflettere per capire che si sta sbagliando. Bisogna cercare dentro di sè o altrove la soluzione buona per noi, non lasciandosi "fregare" e ingannare dall'alcol.

3. I destinatari

I destinatari sono soprattutto i nostri coetanei.

4. Le risorse individuate come promotrici della formazione

Nello spot abbiamo individuato nell'amico o nel gruppo di amici la principale risorsa per la formazione di una mentalità che aiuti il giovane a non cadere nella trappola dell'alcolismo. L'amico o il gruppo di amici possono infatti condizionare in modo negativo le proprie scelte comportamentali, ma anche in positivo sono essi soprattutto l'antidoto alla tristezza, alla solitudine, al tempo libero vissuto in modo disordinato. Spesso, talvolta anche più dei genitori e della scuola, è solo nell'amico che si trova l'ambito giusto per essere ascolati, capiti, aiutati e poter risolvere i propri problemi.

I ragazzi della IVH del Liceo Classico "Siotto Pintor" di Cagliari:

- Ilaria Basciu
- Martina Bullita
- Claudia Carta
- Gianmarco Carta
- Giulia Fenu
- Lorenzo Floris
- Matteo Floris
- Francesco Golino
- Enrico Marongiu
- Francesca Meloni
- Francesca Moica
- Andrea Mulas
- Matteo Simone Musio
- Martina Nieddu
- Alessia Pintor
- Angelo Pispisa
- Matteo Pusceddu
- Martina Anna Savarino
- Giulia Serra
- Aurora Vacca

Docenti responsabili

Italo Montisci
Concetta Foddis
Giuseppina Tamponi
Leonarda Tardia

lunedì 20 giugno 2011

Alterazioni di coscienza

< ..e giunsero presso i lotofagi. Nessuno cercò di far loro del male, ma ebbero in dono come cibo il fiore di loto. E appena qualcuno mangiava il dolcissimo frutto, più non voleva tornare a dirmi qualcosa, ma là amava restare con il cibo di loto, senza più amore al ritorno.E allora piangenti li trascinai alle navi, e dentro i banchi, li feci legare. Poi dissi agli altri diletti compagni di salire sopra le navi, perché più nessuno potesse mangiare del loto e dimenticare il ritorno...>
(Omero, Odissea)

Il tentativo dell’uomo di alterare lo stato di coscienza attraverso l’utilizzo di sostanze di vario tipo non è certo nuovo, è un modello comportamentale antico quanto l’uomo. Oggi ci sono lotofagi che utilizzano forme differenti per raggiungere gli stessi obiettivi.
Il bisogno di alleviare il dolore, fisico e/o psicologico, migliorare l’umore, amplificare le percezioni sono spesso la spinta a fare uso di droghe, tabacco e alcol, ma il cercare una strada di questo tipo non porta alla soluzione dei problemi, piuttosto crea una sorta di inganno: allontana, sfuma, o amplifica le emozioni senza permettere di viverle per quello che realmente sono.
Per molto tempo abbiamo accettato il dominio del dualismo cartesiano: res cogitans e res extensa come due opposti tra i quali non c’è comunicazione. Le neuroscienze ci hanno di recente permesso di comprendere che non esiste un pensiero puro, una razionalità non influenzata da emozioni e sentimenti. Secondo Antonio Damasio la nostra mente non è affatto strutturata come un computer che utilizza un elenco di argomentazioni in suo possesso e poi opera una scelta razionale. La mente umana è invece più rapida e meno precisa di un pc, il processo è dato dalla considerazione del peso emotivo legato alle nostre esperienze precedenti, e porta poi ad una risposta sotto forma di una sensazione viscerale. L’errore di Cartesio è stato quello di non avere capito la connessione e l’interdipendenza tra la razionalità e la regolazione biologica e che le emozioni e i sentimenti possono condizionare fortemente e a volte in modo inconscio le nostre credenze e le nostre scelte.

giovedì 9 giugno 2011

I paradisi artificiali

"Il vino è simile all'uomo: non si sa mai fino a che punto si possa stimarlo o disprezzarlo, amarlo o odiarlo, né di quante azioni sublimi o mostruosi misfatti sia capace. Non siamo dunque più crudeli con lui che con noi stessi, e trattiamolo come un nostro pari."
C. Baudelaire

Il vino è una figura ricorrente nel lavoro di Baudelaire, compare in differenti punti della sua opera.
Viene utilizzato come metafora che permette lo scivolamento attraverso le “corrispondenze”, ovvero le analogie simboliche tipiche della sua poesia.
La citazione riportata sopra è un estratto de “I paradisi artificiali”, una raccolta di brevi saggi che contengono riflessioni sul vino, l’hashish e altre droghe.
Gli scritti di Baudelaire sono certamente influenzati dall’esperienza personale, ma anche dall’opera di altri autori (le “Confessioni di un mangiatore d’oppio” di De Quincey.
Per l’autore l’ebbrezza è uno stato indispensabile per la creazione poetica, una condizione che permette di andare oltre la banale quotidianità per raggiungere la libertà interiore. Per questo il Poeta si spinge nella sperimentazione di differenti tipi di droghe, ma a poco a poco se ne distacca, non ritenendole all’altezza del compito. Per lui, infatti, l’uomo “che non accetta le condizioni della vita vende l’anima a qualche demone”.
Il fatto di avere scritto su questi temi non fa di Baudelaire un cultore delle droghe, egli, infatti sostiene che il punto centrale non siano le sostanze in sé, ma il tipo di uso che se ne fa e, soprattutto il tipo di utilizzatore. Dalla sua posizione di “artista aristocratico” sostiene che gli effetti sarebbero positivi soltanto per gli “spiriti artistici e filosofici”, per il popolo sarebbero invece socialmente negativi perché non farebbero che amplificarne i vizi.
Il vino in sé non è né buono né cattivo, ma ha la funzione di amplificare la personalità di chi lo beve, esaltando le caratteristiche umane, vizi o virtù che siano.

lunedì 23 maggio 2011

Un'esperienza al femminile

"Ho iniziato a bere da piccola, rubando gli ultimi sorsi dalle bottiglie bevute da mio padre. Nessuna donna, tranne la nonna, poteva bere a tavola. Mia mamma diceva che era sconveniente. Io volevo avere le stesse opportunità dei miei fratelli: uscire la sera, avere il motorino e bere il vino. Bere mi piace e mi fa rilassare! Ma una sera, durante una cena in compagnia ho esagerato: ho bevuto una bottiglia di cabernet, sei Red Bull e quattro bicchieri di vodka. Mi hanno ricoverata in opsedale perchè ero svenuta a casa di un'amica" (Barbara, 17 anni, Bologna) tratto da "Adolescenti in bottiglia" di Erica Valsecchi.

martedì 17 maggio 2011

Emozioni. A caccia di adrenalina Contro il tempo che passa e il buon senso. Per quel piacere fino all'ultimo respiro

di Alina Lombardo
Arrivano in stazione o in aeroporto sempre all'ultimo momento. Sono perennemente in ritardo agli appuntamenti, specie a quelli che potrebbero cambiargli la vita. Si presentano impreparati agli esami. Attraversano col rosso. Oppure giocano d'azzardo: alcuni si accontentano della roulette francese, altri si spingono fino a quella russa. Oppure ancora, frequentano sport estremi: passeggiano nell'oceano in compagnia di squali, si gettano da un aereo in caduta libera. Approcci differenti alla vita, persone diverse. Eppure, tutte accomunate dalla ricerca del rischio di perdere sempre e comunque qualcosa. Può apparire una forzatura accomunare chi non è mai puntuale con chi, guidando a fari spenti nella notte, rischia la vita. "Invece non lo è", ribatte decisa Valentina D'Urso, docente di Psicologia all'Università di Padova. "Il rischio può essere sinonimo di piacere. Negli esempi descritti questo nesso è più o meno evidente. In molte persone si manifesta solo in alcuni periodi della vita, in genere nell'adolescenza, in altre non si manifesta mai: ma è un tratto del temperamento della personalità geneticamente determinato. Ed è presente in ciascuno di noi. Si pensi ai bambini: fin dalle prime settimane di vita, ciò che li diverte di più è essere lanciati in aria e cadere nel vuoto fino a incontrare le braccia dell'adulto". La ricerca di emozioni forti Il fascino del rischio deriva dal fatto che permette di provare emozioni forti, di vivere in maniera intensa: aumenta il senso della propria presenza nel mondo; i colori diventano più vividi; il tempo si dilata, pochi secondi sembrano ore. Tutti, in misura diversa, siamo attratti da queste sensazioni. E, con modalità diverse, le cerchiamo. Però, dopo le prime esperienze di questo genere, la maggior parte di noi fa una valutazione dei costi rispetto ai guadagni, scopre che tutto sommato il vantaggio che ne ricava è inferiore al rischio che corre e abbandona il campo, accontentandosi di vivere emozioni forti in modo indiretto, per esempio attraverso la visione dei film dell'orrore. Poi ci sono persone per le quali, invece, il piacere dato da un'esperienza rischiosa è comunque maggiore del timore nei confronti del pericolo che corrono e la rivivono nel tempo libero, sotto forma di gioco d'azzardo, sport estremo, assunzione di droghe, e così via. "E poi ancora", aggiunge D'Urso, "ci sono i "professionisti", i cosiddetti sensation seekers (cercatori di emozioni), ovvero persone con una "soglia di annoiabilità" molto più bassa degli altri, che sperimentano questa esperienza e ne diventano particolarmente ghiotti"."Il fenomeno del sensation seeking", precisa Cesare Maffei, psichiatra, docente di Psicologia medica all'Università di Milano e direttore del Servizio di psicologia e psicoterapia del San Raffaele, "è la continua ricerca di stimolazioni sensoriali nuove, diverse, forti. Ed è legata a certi tratti temperamentali della personalità. In altre parole, è almeno in parte geneticamente determinata. Il sensation seeker per eccellenza è la personalità antisociale che non riesce a dilazionare il bisogno, non ha alcuna considerazione dei limiti della realtà e degli altri. Ha quindi uno scarso senso morale e non tiene conto delle regole. Queste caratteristiche si ritrovano spesso nella personalità antisociale, ma possono indurre anche a comportamenti estremi come quelli dei serial killer". I borderline Accanto a queste anomalie della personalità, ci sono poi i cosiddetti borderline. Si tratta di quelle persone per le quali il problema non è tanto soddisfare i propri bisogni a spese d'altri, quanto uscire da quello che viene vissuto come un sentimento di noia e vuoto, al quale si cerca di risponde con comportamenti trasgressivi. "Un esempio tipico di comportamento della personalità borderline è la cleptomania", spiega Maffei, "molto frequente nelle donne: si ruba non per trarne vantaggio economico, ma per provare un piacere intenso come quello sessuale, molto vicino all'orgasmo". "In questo percorso che va dalla personalità antisociale a quella borderline", continua Maffei, "si arriva alle personalità istrioniche: che ricercano costantemente piaceri superficiali, gratificazioni alimentate con l'acquisto di oggetti, viaggi, ristoranti, conquiste sessuali senza capacità di entrare in rapporti di relazione duraturi con oggetti o persone". Tutte queste patologie della personalità sono accomunate dall'aspetto temperamentale del sensation seeker. Insomma: nessuno di noi è insensibile al fascino del rischio. Ma qual è la soglia entro la quale si rimane comunque "normali" e oltre la quale si entra nella patologia del sensation seeker? Quando si entra nella patologia "Il comportamento dell'individuo: si deve valutare se esso sia adattivo o disadattivo", risponde Maffei. Che spiega: "Una persona che, nella costante ricerca di emozioni forti, diventa un pilota di Formula 1, ha sviluppato un comportamento adattivo da un tratto potenzialmente disadattivo del suo temperamento. Se, invece, una persona usa l'automobile perché ha bisogno di provare l'ebrezza della velocità e finisce sempre per andare a sbattere per colmare il senso di vuoto che accompagna la sua vita, allora abbiamo un comportamento disadattivo. È quindi da valutare quanto il comportamento sia finalizzato al benessere e quanto invece il soggetto ne sia vittima". Il problema, comunque, si pone solo quando questi comportamenti assumono un aspetto di continuità nella vita di un individuo, creano difficoltà relazionali-affettivo-sociali, impediscono di evolversi e progredire. "La persona che fa una vita normale e poi al sabato va al casinò", rassicura Maffei, "non ha nulla né di patologico né di borderline: sono attività scelte sulla base dell'eccitazione e del piacere immediato che danno". Un profilo"avventuroso" Se quello del sensation seeker è un quadro ben delineato, meno numerosi sono gli studi sulla psicologia delle persone che, a diversi livelli, amano il rischio. Nel '94 due ricercatori, Stefano Ruggieri e Stefano Gargiullo, neurologo del Dipartimento di Scienze neurologiche dell'Università La Sapienza di Roma il primo, economista al Dipartimento di Metodi quantitativi dell'Università di Siena il secondo, hanno tentato di rilevare le caratteristiche psicologiche fondamentali di questi soggetti, confrontandole con alcuni dati tratti da un questionario di personalità (Mmpi) su un piccolo gruppo di "avventurosi" di entrambi i sessi. Dai risultati, pubblicati sul mensile "dedicato all'estremo" No Limits, risulta che non ci sono discriminanti per età; è presente una notevole ipervalutazione di sé; c'è equilibrio tra il peso dato all'accettazione degli altri e quello della propria autonomia; c'è tolleranza alle frustrazioni, anche per la tendenza ad attribuirne la responsabilità all'esterno, e capacità di autocritica; il profilo degli uomini è simile a quello delle donne; la mascolinità negli uomini è lievemente superiore alla media, così come la femminilità nelle donne, il che esclude ogni aspetto di androginia nella donna avventurosa. Inoltre, questi soggetti non conoscono la depressione (intesa come stanchezza, caduta di interessi, pessimismo, indecisione), se non quella reattiva, conseguente a una situazione gravemente stressante (come la perdita di un compagno d'avventura) o quella da successo che si può verificare quando la tensione emotiva è improvvisamente interrotta (tipica è quella dell'astronauta al ritorno dalla missione spaziale). Anche la mania (eccessiva stima di sé, iperproduzione di idee, sensazione di inesauribile forza fisica), che è all'opposto della depressione, non è tipica delle persone che amano il rischio. Il tratto della personalità che certamente appartiene a questa tipologia è, invece, un livello di mania inferiore, detto appunto ipomania. "Una componente", precisa Gargiullo, "che non è intesa come patologia ma come scudo per le avversità che spesso si verificano nel corso delle avventure e che tendono a spingere verso una depressione reattiva". .. Specchio, specchio delle mie brame. Anche se fa la parte del leone, la ricerca di emozioni forti non è l'unico elemento a spingere verso la ricerca di situazioni rischiose. "C'è anche una costante ricerca di conferme", dice D'Urso: "si è incerti sul proprio valore, che deve essere continuamente messo alla prova e confermato. Il rischio è come uno specchio, simile a quello della strega di Biancaneve". Paradossalmente, dunque, il rischio serve a rassicurare. "È una sorta di cura ricostituente della propria immagine", conferma D'Urso. "Dati recentissimi, raccolti tra un centinaio di studenti (60% donne e 40% uomini) della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Padova (vedi box), suggeriscono inoltre che c'è anche un altro elemento: cercare la conferma di essere segnati dalla buona stella, che ti conferma "vincitore" ogni volta che superi un pericolo". Il fascino della paura Alla radice di tutto questo c'è l'attività di quella macchina tanto straordinaria quanto ancora poco conosciuta che è il nostro cervello. La paura è un'emozione primaria che scatena una serie di reazioni che possono dare sensazioni di piacere, di benessere. Eccitanti, persino inebrianti. Dice D'Urso: "Vivere un'esperienza rischiosa produce una reazione molto simile a quella data da alcune droghe, in particolare dall'LSD, cioè un'esaltazione di tutte le percezioni: visive, tattili, olfattive, uditive, gustative". Sono numerosi gli esperimenti che lo dimostrano. Il più noto è stato condotto da psicologi dell'Università del Michigan e ripetuto, con variazione, da numerosi altri ricercatori. Ecco in cosa consiste: diversi ragazzi incontrano una ragazza, sempre la stessa, su un ponte sospeso. Per metà dei ragazzi, l'episodio si svolge in condizioni normali; per l'altra metà, al momento dell'incontro il ponte viene fatto ondeggiare pericolosamente, dando la sensazione che possa crollare da un momento all'altro. Ebbene, il secondo gruppo dei ragazzi, intervistati successivamente, ha evidentemente trovato la ragazza molto più attraente di quanto sia apparsa al primo. La conclusione? "Se oltre a provare emozioni forti" dice D'Urso "si vuole conquistare una ragazza, è meglio portarla sulle montagne russe piuttosto che a mangiare un gelato. Perché di fronte alla paura, al rischio, l'eccitazione che ne deriva è talmente forte da coinvolgere in qualche misura anche le persone che sono vicine". Tutto comincia nel cervello Quando l'uomo si trova di fronte al pericolo scatta automaticamente la reazione "combatti o fuggi", che determina numerose modificazioni dell'organismo. "Da una parte", spiega Pierfranco Spano, direttore dell'Istituto di Farmacologia dell'Università di Brescia, "si ha un'attivazione generalizzata del sistema simpatico e, attraverso la stimolazione della ghiandola surrenale, l'immissione di adrenalina e noradrenalina nel sangue; dall'altra parte, si ha una sincronizzazione degli eventi a livello cerebrale: la risposta agli stimoli rimbalza in "stazioni" situate sotto la corteccia, cioè nel sistema limbico", una serie di strutture correlate alle emozioni e al comportamento. In particolare nell'amigdala, piccolo nucleo di cellule nervose nella profondità dell'encefalo, essenziale per il formarsi della risposta emotiva alla paura. "Questo nucleo", prosegue Spano, "dispone dei segnali che, amplificati e ritrasmessi, creano una serie di attivazioni specifiche". Ed ecco verificarsi quello che tutti abbiamo sperimentato in situazioni di paura o stress: pupilla dilatata, perché si ha bisogno di raccogliere più luce; respiro affannoso, perché si ha bisogno di più ossigeno; costrizione dei vasi dei visceri, per fare affluire più sangue ai muscoli e al cervello dove, infatti, i vasi si dilatano. Quelle droghe così naturali Oltre all'adrenalina e alla noradrenalina, responsabili degli effetti immediati appena descritti, altre sostanze vengono rilasciate nel cervello in risposta al pericolo: ancora noradrenalina, per sostenere la pressione sanguigna; serotonina, per il tono dell'umore; dopamina, che influisce sull'attenzione e sull'aggressività e modula i centri del "piacere"; endorfine. Queste, presenti nell'ipotalamo e nell'ipofisi, funzionano come eccitatori del sistema analgesico cerebrale: esattamente come la morfina, non fanno sentire dolore e fatica, in quanto riducono la percezione di entrambi a livello del sistema nervoso centrale. Inoltre, producono uno stato di euforia. Ma cosa dà quella sensazione di piacere inebriante che spinge molti a cercare il pericolo ed il rischio? "Le sostanze che, in risposta a questo stimolo, vengono rilasciate dalle nostre cellule nervose" risponde Spano. "Tutte sostanze che, in varia misura, danno un senso di benessere e di eccitazione, e accentuano la capacità di percepire ciò che accade intorno"

tratto da La Repubblica

martedì 10 maggio 2011

Don't try this at home

In questi giorni negli incontri con i ragazzi nelle scuole è capitato più volte che ci venisse chiesto qualcosa a proposito di una nuova “moda” Britannica, il fenomeno si chiama Vodka Eyeballing e consiste essenzialmente nel versarsi vodka negli occhi.

La cosa appare quantomeno inquietante, eppure si tratta proprio di questo: versarsi vodka negli occhi.

Pare che questa tecnica assicuri uno sballo immediato, quel che è certo è che dà luogo ad un immediato e insopportabile bruciore agli occhi.

In realtà non ci sono prove del fatto che questa “tecnica” produca sballo, visto che in genere chi lo pratica è già molto ubriaco. Ma una certezza c’è: i danni a lungo termine possono essere devastanti, si parte da una cecità temporanea fino ad arrivare a delle lesioni definitive.

Melissa Fontaine, ex studentessa di 22 anni, è convinta che le preoccupazioni siano ben fondate. Il suo occhio sinistro è rimasto permanentemente segnato dall'eyeballing, e la sua visione ne è stata irrimediabilmente compromessa.
"Ho un dolore costante per quello che ho fatto" afferma Melissa. "E sono spaventata che possa peggiorare. Vorrei tornare indietro e cambiare le cose, ma non posso".

Robin Touquet, medico d'emergenza al St Mary's Hospital di Paddington afferma che "con il 40% di etanolo puro, la vodka nell'occhio crea infiammazioni e trombosi dei vasi sanguigni. Al contrario dello stomaco, l'occhio non ha il rivestimento interno gastro-intestinale a proteggerlo".

Ma questa moda assurda purtroppo non si è fermata alla nostra frontiera ed è arrivata anche in Italia.

La vodka versata negli occhi può provocare conseguenze pericolose alla vista, fino al trapianto di cornea nei casi più gravi. “Si va dai bruciori fortissimi a piccole lacerazioni che possono portare anche al trapianto di cornea nei casi più gravi - dice in un’intervista Alessandro Carboni, medico oculista dell’ospedale San Camillo di Roma - L’alterazione e il contatto con una sostanza come l’alcol può dare opacizzazione della vista e perforazione della cornea”.
“C’è una serie di sintomi - prosegue l’oculista - La lacrimazione, il rossore, l’impossibilità di aprire gli occhi, dipende dalla quantità di vodka. Già un cucchiaino da caffè di soluzione alcolica può causare conseguenze importanti, e dieci secondi possono determinare ferite corneali”

Ragazzi non fatelo! Non vale la pena perdere la vista per l'idea di uno sballo temporaneo!

lunedì 2 maggio 2011

Dati Istat 2010 – Uso e abuso di alcol in Italia

Nel 2010 la quota di popolazione di 11 anni e più che ha consumato almeno una bevanda alcolica durante l’anno è pari al 65,7%, in diminuzione rispetto al 2009 (68,5%); il 26,3% della popolazione (14 milioni 126 mila persone) beve alcolici quotidianamente, mentre il 38,4% ha consumato alcol almeno una volta fuori dai pasti.

Beve vino il 53,3% delle persone di 11 anni e più, birra il 45,9% e aperitivi alcolici, amari, superalcolici o liquori il 39,9%; beve vino tutti i giorni il 24,1% e birra il 4,3% della popolazione di riferimento.

Negli ultimi 10 anni tra i giovani sono aumentati i consumatori occasionali, quelli che bevono fuori pasto e di chi consuma altri alcolici oltre a vino e birra, mentre si sono ridotti i consumatori giornalieri e quelli che bevono solo vino e birra.
Nel complesso i comportamenti a rischio nel consumo di alcol (consumo giornaliero non moderato), binge drinking (sei o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione) e consumo di alcol da parte dei
ragazzi di 11-15 anni) riguardano 8 milioni e 624 mila persone, il 16,1% della popolazione di 11 anni e più.
Tale quota appare stabile nel tempo.

Fonte: Istat

sabato 23 aprile 2011

Gruppi di auto-mutuo-aiuto

Un gruppo di auto-mutuo-aiuto è l'insieme, di persone, che hanno uno stesso bisogno, che condividono uno stesso problema.
Nel gruppo di auto-mutuo-aiuto ci si apre e ci si ascolta, in un ambiente "protetto" cioè libero da giudizi, poiché si parla la stessa lingua, si vivono le stesse difficoltà e non serve faticare per trovare le giuste parole.

Tratto NonBere.com sito che si occupa di alcolismo e abuso di alcol

lunedì 18 aprile 2011

"Nessun animale ha mai inventato una cosa brutta come l’ubriachezza o bella come un drink"
G.K. Chesterton

domenica 17 aprile 2011

Alcol e gravidanza

Nel link un articolo de "Il Sole 24 ore" sui rischi legati all'uso di alcolici in gravidanza.
Grazie Alessia per aver puntato l'attenzione su un aspetto così importante

mercoledì 13 aprile 2011

"L'alcool è come l'amore o la vecchiaia: ci si trova ciò che vi si porta"
Marguerite Yourcenar, Il giro della prigione, 1991

martedì 5 aprile 2011

Allarme alcol tra i giovani, la prima sbronza a 16 anni

Boom del "'binge drinking'". Cresce il consumo fuori pasto.
I ragazzi non aspettano più il fine settimana per "sballarsi"

L'articolo completo su La Stampa.it Cronache

Nove milioni di italiani bevono troppo

Da Rainews24

domenica 3 aprile 2011

"Il pont Mirabeau"

"Le mani nelle mani restiamo faccia a faccia
e sotto il ponte delle nostre braccia
stanca degli eterni sguardi l'onda passa
venga la notte suoni l'ora
i giorni vanno io non ancora"

G. Apollinaire da Alcool

venerdì 1 aprile 2011

Non cercare di bere x dimenticare: i guai sanno nuotare benissimo!!

mercoledì 30 marzo 2011

Mai cedere, rubare, ingannare o bere... ma se devi cedere fallo fra le braccia della persona che ami; se devi rubare ruba il tempo che vuoi per te; se devi ingannare, inganna la morte... e se devi bere inebriati dei momenti che ti tolgono il respiro.

Non è importante quanti respiri fai nel corso di una vita, ciò che è importante sono i momenti che i respiri te lo tolgono.

Tratto dal film "Hitch"

"L'alcol cambia un uomo. Ma il suo effetto è effimero come quello della voluttà"

Roger Lemelin, I Plouffe, 1948

martedì 29 marzo 2011

"L'alcool crea nell'uomo un eroismo assai superiore all'ideologia e alla passione; non a torto viene chiamato spirito"

Gian Piero Bona, Passeggiata con il diavolo, 1983

giovedì 24 marzo 2011

Il decalogo contro l'alcol

L’Istituto superiore di sanità (Iss) propone un decalogo per un consumo consapevole dando alcuni suggerimenti:

1. I giovani per natura non amano il conformismo. Si può sfruttare questa sana predisposizione per osservare e “smontare” con loro le pubblicità sugli alcolici trasmesse dai mass media. È un’ottima modalità per incrementare la loro capacità critica su ciò che la pubblicità promette e che poi, spesso, non trova riscontro nella realtà quotidiana.

2. I ragazzi sempre più frequentemente bevono per superare difficoltà di relazione, e assumere un ruolo all’interno del gruppo. In questa fase i genitori hanno un ruolo chiave: dare il buon esempio, creando un ambiente familiare in cui la presenza dell’alcol sia visibile, ma discreta.

3. Parlare ai giovani, fin da bambini, dei danni e dei rischi legati al consumo di alcolici. Esordire con questo tipo di discorsi in età adolescenziale, quando tutto è soggetto a critica e spesso considerato un’esagerazione dei genitori, può anche essere controproducente.

4. Insegnare ai giovani che prima dei 15 anni l’apparato digerente non è ancora in grado di metabolizzare l’alcol in modo adeguato, perché il sistema enzimatico non è completamente sviluppato. Le ragazze inoltre, e in generale tutte le donne, sono in grado di eliminare la metà di una dose d’alcol che riesce a metabolizzare un uomo.

5. È importante saper che gli alcolici sono nocivi per il feto. Il nascituro non è dotato di sistemi enzimatici capaci di smaltirli. Sono sufficienti due bicchieri di bevande alcoliche al giorno per pregiudicare la salute del bambino e distruggere i neuroni di un cervello ancora in formazione.

6. C’è un preciso limite che separa il consumo dall’abuso. È opportuno informare i giovani su come le performance individuali cambino sotto l’influenza di un abuso alcolico. Anche una banale serata in pizzeria può trasformarsi in una situazione a rischio quando si deve tornare a casa in motorino.

7. Occorre insegnare ai ragazzi a leggere le etichette e analizzare con loro le bottiglie e le lattine contenenti alcol da cui possono essere attratti per la forma, il colore e il sapore. Serve a far sentire maggiore complicità tra genitori e figli e, al contempo, è un’occasione per evidenziare particolari importanti, spesso trascurati, come, ad esempio, la gradazione alcolica.

8. Spiegare ai giovani che il nostro organismo richiede nel tempo quantità sempre maggiori di alcol per provare le stesse esperienze di piacere. L’obiettivo di sentirsi più disinvolti, loquaci ed euforici richiede quantità progressivamente crescenti. I bicchieri aumentano, si perde il controllo ma aumenta anche il rischio di sviluppare una dipendenza.

9. Coinvolgere i ragazzi nell’organizzazione di una festa o di un semplice incontro può essere l’occasione giusta per dimostrare che ci si può divertire anche con le sole bevande analcoliche.

10. I genitori dovrebbero compiere un “allenamento” lungo tutto il percorso di vita dei figli, orientandoli al consumo di bevande analcoliche (non solo a casa, ma anche al ristorante o in pizzeria), non favorendo un consumo precoce e dando sempre un esempio di moderazione.


sabato 19 marzo 2011


"Perché bevi?" domandò il piccolo principe. "Per dimenticare", rispose l'ubriacone. "Per dimenticare che cosa?" s'informò il piccolo principe che cominciava già a compiangerlo. "Per dimenticarmi che ho vergogna", confessò l'ubriacone abbassando la testa. "Vergogna di che?" insistette il piccolo principe che desiderava soccorrerlo. "Vergogna di bere!"

venerdì 18 marzo 2011

La prima sbornia di Emil Sinclair

"Di quella notte ho un ricordo vivissimo. Quando a ora tarda passando presso i fanali a gas dalla luce torbida ritornammo verso casa nella notte umida e fredda, avevo preso la pria sbornia. Non era bello, era anzi una grande tortura, eppure anche ciò aveva un'attrattiva, un che di dolce, era ribellione e orgia, era spirito e vita. Beck mi aiutò generosamente benchè inveisse contro il povero novellino, e un pò reggendomi, un pò portandomi, mi accompagnò a casa, dove riuscì a fare entrare di contrabbando me e lui da una finestra del pianterreno."

Demian, Herman Hesse

giovedì 10 marzo 2011

Le caratteristiche dell’iniziazione all’alcol:

- il 1° consumo avviene quasi sempre all’interno del nucleo familiare;
- di solito avviene in pubertà tra i 12 e i 14 anni, ma anche tra gli 8 e gli 11 anni;
- in genere si tratta di un alcolico destinato specificamente al consumo alimentare: soprattutto vino o birra;
- l’alcol viene sperimentato con il benestare dei genitori, per cui diviene spontaneo e “familiare” considerare l’alcol come un aggregante per sentirsi parte di un gruppo, rispondendo ai bisogni di appartenenza e contenimento necessari all’adolescente;
- gli adolescenti hanno in mente lo stereotipo del tossico da eroina e l’uso di alcolici sembra ai giovani molto lontano da questo modello, pur essendo anch’esso un comportamento a rischio. Oggi serve una forma di sballo senza conseguenze, in modo da mantenere un’immagine sociale accettabile;
- ci sono alcuni fattori che concorrono all’iniziazione alcolica: familiari, individuali, di status e relazionali, tutti tra loro sempre interconnessi. Un ruolo fondamentale è giocato dalla motivazioni soggettive e dal bisogno psicologico di diventare adulti, imitando il comportamento dei genitori;
- in genere i genitori approvano e accettano il consumo di vino da parte dei figli, basta che sia un consumo circoscritto ai pasti e moderato, possibilmente limitato all’ambito familiare;
- i giovani, nella riflessione sulle prime ubriacature fanno una distinzione sulla quantità d’alcol assunta: essere brilli/allegri e ubriachi. I primi due vengono giudicati positivamente, l’essere brilli è accettato dal nostro contesto sociale, mentre l’essere ubriachi è consentito solo in situazioni particolari (matrimoni…);